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In viaggio


Giulia e il Messico

Guarda le foto!

 

Quest’anno...Mexico. E si: dopo il rinvio avvenuto 5 anni fa a favore di un’altra meta, quest’anno la scelta è caduta, con entusiasmo sul Mexico. Con entusiasmo perché il Messico ci dava l’idea di un paese solare, caldo, ricco di storia antica e anche la parte coloniale ci sembrava attraente; in più c’era il Mar dei Carabi a concludere l’itinerario.

Ma, per arrivare subito al cuore del problema, questo viaggio ci ha riservato 2 novità.

La prima era questa: il rinvio avvenuto 5 anni fa era dovuto alla prudenza. La nostra guida-Bibbia (Lonely Planet EDT 2002) segnalava la presenza di una criminalità quasi da Sud-America ed il sito Internet dell’Ambasciata Italiana nel Messico rincarava la dose, ampliando ancora di più i pericoli. Questi erano segnalati, non solo in furti e scippi (che comunque sono comuni anche nel nostro paese), quanto in rapine a mano armata a danno di turisti e stranieri. Segnalavano cioè rapine a bordo degli autobus in transito su strade secondarie, dopo averli fermati; rapine a Città del Messico nei taxi (!!!) di II° classe; addirittura nei siti archeologici a chi si avventurasse da solo verso rovine distanti ed isolate; per non parlare della metropolitana di Città del Messico. Tutto questo ci aveva giustamente preoccupato, ma poi ascoltando il resoconto di molti conoscenti ed amici tornati sereni e tranquilli, abbiamo deciso che tutto andava ridimensionato.

Erano però necessarie misure precauzionali d’eccezione. Per la prima volta abbiamo sdoppiato “la cassa” e i documenti importanti (passaporti, biglietti aerei..), che solitamente custodivo io segretamente in una tasca sotto il vestito giorno e notte. Quest’anno due tasche: una io ed una Alessandro. Qualche volta depositate alla reception dell’hotel , sino a scoprire che forse erano ancora meno sicure lì.

Ma l’altro grande problema era assicurarci che non ci rapinassero anche “l’insulina”.

Solitamente io tenevo la penna giornaliera, glucometro e glucagone nello zaino che ci segue quotidianamente e un cofanetto con le scorte doppie di refill, strisce, glucometro di riserva in albergo o nello zaino grande durante i viaggi di trasferta. Beh, il timore di rapine/scippi ha proliferato i cofanetti e tutti i ricambi. Sono comparsi 2 doppi cofanetti ognuno completo di TUTTO (glucometro, pungidito, strisce etc) e mantenuti rigorosamente in 2 zaini da viaggio separatamente. Anche le penne di scorta (vuote) si sono moltiplicate, anche il glucagone (per la prima volta in doppia confezione). E’ stata anche valutata la possibilità di subire il furto dell’intera scorta di insulina “ultra pronta” (che non esiste in commercio in Messico) e la necessità di dover cambiare con l’insulina pronta (con penna da 1.5 ml) Avevo perciò scorte di penne da 3 e da 1.5 ml in doppio.

In metropolitana a Città del Messico abbiamo realizzato “l’andamento a falange romana” (come nel film “Il gladiatore”) : due davanti, due dietro, compatti e veloci a difesa dello zainetto e nessuno si è permesso di avvicinarsi.

Comunque, in conclusione, non ci sono stati né furti, né rapine e ci siamo portati felicemente a casa i nostri doppi cofanetti, dentro ai vari zaini.

La seconda sorpresa di questo viaggio è stata la prima crisi ipoglicemica grave dall’inizio del diabete, cioè da 6 anni ad oggi. C’erano tutte le premesse e, come può accadere, non sono state sufficientemente valutate.

Luogo : Palenque, antico sito archeologico Maya, uno dei più importanti del Messico, nel sud, immerso nella giungla. Alloggiavamo in un bungalow particolarissimo (detto cabanas ), immerso nella giungla, con alle finestre solo le zanzariere e delle tendine bianche e fuori il rigoglioso esplodere della vegetazione e i sibili della foresta. All’interno 3 lettoni ed una amaca tesa da una parete all’altra. Giulia era particolarmente soddisfatta della scelta di questo alloggiamento. La notte, per la prima ed unica volta nel viaggio, aveva avuto qualche scarica di diarrea, senza altri sintomi. La mattina residuava un po’ di nausea, ma stava bene e non voleva rinunciare alla visita al sito. Non ha però voluto fare colazione. La glicemia era comunque 167 mg, ho diminuito di 2 unità e siamo partiti. Dieci minuti di autobus ci portano all’ingresso, dove si acquistano i biglietti. Il sito è splendido, immerso nella giungla tropicale e le varie rovine sono sparse qua e là, collegate da sentieri che salgono e scendono “lungo pendii a volte scivolosi”. All’interno non ci sono strutture di servizio, solo qualche guardia armata per motivi di sicurezza. Ci avventuriamo nell’esplorazione. Tutto bene. Cammina e cammina. Tutto bene. Arriviamo anche al torrente che divide in due il sito e forma una splendida conca in mezzo alla giungla e ci riposiamo. Poi riprendiamo a camminare. All’improvviso Giulia dice: “Non ci vedo bene, fammi il glucagone, vedo tutto giallo”. Un brivido mi è passato lungo la schiena; l’ho guardata, pallida pallida, non ho replicato e ho compreso senza altre parole che doveva essere vero. Il papà l’ha fatta stendere per terra e io ho cercato convulsamente il glucagone nello zaino. Presa alla sprovvista in mezzo alla giungla, ho balbettato: “…Dove si fa?…”. Giulia ha ribattuto sempre più pallida: “Sulla coscia!”. Ho eseguito all’istante. Controllavo se si riprendeva. Nello zaino avevamo le bustine di zucchero (n.=3) dell’aereo, un pacchetto di crackers e 4 biscotti avanzati. Null’altro. Giulia non voleva niente. Sapevo che bisognava forzare e l’ho obbligata a mettere lo zucchero sotto la lingua, una bustina, poi la seconda. Vedeva sempre giallo e guardava avanti, ma non voleva stare per terra. Ricordava che c’erano serpenti velenosi nella giungla, eravamo anche di fianco ad un muretto Maya di second’ordine, tutto di pietre scoscese. Giulia si riprende , si mette a sedere e la obbligo immediatamente a mangiare di malavoglia lentamente il pacchetto di crackers. Ma deve ridistendersi. Ovviamente tra le scimmie urlatrici della giungla non ci sono Coca Cola in vendita. Non sapevo neanche quanto fosse lontana l’uscita, dove si trovassero pulmini, telefoni e la vita civile. Bisognava stare calmi. Giulia mi sembrava più tranquilla. Misuriamo la glicemia: 347 mg: sospiro di sollievo. Dopo mezz’ora mi pare ristabilita e decidiamo di riprendere con calma il cammino diretti all’uscita, tra viottoli scoscesi e liane penzolanti.”Ma proprio qui ci doveva capitare!” penso. Cammino e guardo di sottecchi Giulia. Arriviamo all’uscita: altro sospiro di sollievo. Salvi. Giulia addirittura vorrebbe visitare la famosa tomba per la quale avevamo ottenuto un permesso speciale. Penso che sta delirando: si va dritti dritti alla nostra cabanas. Alle ore 16.30 siamo di ritorno, a stomaco vuoto ed in ipoglicemia anche l’intera famiglia. Giulia sprofonda in un sonno ristoratore (sorvegliato da noi attentamente) e la disavventura si conclude.

Cosa rimane? La consapevolezza che succede, a tutti, anche a noi, anche se dopo anni uno si crede immune. La professoressa Monciotti ha commentato: “ Eh,… sucede quando se sbasa ea guardia.”. Succede e non dà preavviso. Bisogna però sempre valutare la situazione (era nell’aria) e soprattutto essere pronti ad affrontarla.

Tutto sommato è successo nel luogo più impensabile, ma nel complesso in modo protetto, perché con entrambi i genitori vicini e anche la sorella minore a fianco. All’occorrenza potevamo dividerci, cercare aiuto. La falsa sicurezza di tanti valori glicemici bassi (a casa, tornando da scuola), senza mai alcun segno d’allarme, ci faceva sottovalutare il problema. Devo dire che ero molto grata all’Iberia Airlines e alle sue provvidenziali bustine di zucchero.

Anche per Giulia è stata un’acquisizione di consapevolezza. Non ha drammatizzato, forse al ricordo la situazione potrà sembrare anche buffa, ma ora sa che può succedere.

Non ha perso conoscenza e ha avuto la prontezza di lanciare l’allarme, raccolto da me senza indugi e questo è stata la salvezza: non è precipitata la situazione. Nel bene e nel male, se doveva succedere prima o poi, è successo in una cornice indimenticabile e alla fine ci ha più insegnato, che terrorizzato (anche se ho passeggiato nervosamente attorno a quelle pietre Maya a lungo, dicendomi di stare tranquilla). Prevenire, mai sottovalutare e affrontare.

Anche questa esperienza la possiamo alla fine raccontare con serenità.

Daniela Truscia Bonafè

 

 

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